Verdi, Wagner e l'inconscio
Settimana della Salute Mentale 2013
Verdi, Wagner e l'inconscio
Gabriele Vezzani, psicoanalista
· programma di sala
· programma della Settimana della Salute Mentale 2013
· reportage fotografico
La fertile dimensione dell’arte è stata da sempre capace di contenere in sé importanti intuizioni conoscitive in merito alla natura dell’uomo, alla sua percezione dello spazio e del tempo, al suo rapporto col mondo: intuizioni destinate a trasformarsi poi, in tempi anche molto distanti e seguendo percorsi del tutto indipendenti, in esplicito e formalizzato oggetto di riflessione da parte del pensiero scientifico. Così, il genio di Shakespeare, nelle immortali creazioni dei suoi personaggi, ha saputo indagare con sguardo straordinariamente acuto i meandri dell’universo psichico, come riconobbe a più riprese nei propri scritti anche lo stesso Freud. La figura che attirò maggiormente l’ attenzione di quest’ultimo è certamente quella di Amleto, temperamento nevrotico che – ai margini dell’isteria – giunge a darsi la morte nello stesso modo in cui essa era stata inflitta al padre, e senza essere riuscito a vendicarlo; non meno interesse, però, ha suscitato nel padre della psicoanalisi la spietata sete di potere della coppia malefica dei Macbeth. Ogni forma di affettività, in essi, si è inaridita fino a renderli del tutto assenti da ogni prospettiva vitale, e la loro sterilità affettiva trova un riscontro simbolico nella scelta shakespeareiana di mostrarli privi di prole.
È proprio a quest’ultimo dramma che Verdi si rivolse con entusiasmo nel 1847 dimostrando un’ audacia inaudita, se si considerano le rigide consuetudini in merito alle tematiche e i ai ruoli del melodramma della prima metà dell’Ottocento. Il lievito shakespeareiano agisce qui propiziando la creazione di un capolavoro inquietante e sinistro: accanto alle suggestioni esercitate dal soprannaturale, il fuoco dell’attenzione verdiana è infatti occupato dalle allucinazioni, dai momenti di uscita dalla ragione che si impossessano di entrambi i protagonisti. Nella grande scena del sonnambulismo di Lady Macbeth, raffigurata in un compulsivo sfregarsi le mani – inutile tentativo di liberarsi dal ricordo del sangue e dal senso di colpa che la perseguitano – i tratti di quell’ossessione vengono incarnati genialmente dalla novità e dall’originalità delle scelte musicali dell’autore.
L’opera di Wagner offre spunti di interesse per una lettura di ispirazione psicoanalitica in misura ancor più significativa, al punto che un interprete della sensibilità e della levatura di Giuseppe Sinopoli ha visto in esse un vero e proprio fenomeno di “preveggenza” rispetto alle elaborazioni freudiane. Ciò è vero a partire dallo stesso principio costruttivo musicale e drammaturgico individuato dall’autore, il Leitmotiv, dotato di una raffinata profondità psicologica, di una labirintica stratificazione di rimandi e sensi segreti del tutto affine a quella in cui è immersa la psiche umana.
I temi caratterizzanti l’immaginario wagneriano ruotano attorno ad alcuni nuclei che si ripropongono costantemente, e che fanno capo al tormentoso oscillare tra l’idea di una necessaria “redenzione” o sublimazione della libido e di qualsiasi forma di impulso vitale nell’autoannullamento, e quella invece di un amore cosmico, unico mezzo per salvare la stessa dimensione dell’essere da un incombente senso di perdita. All’interno di quest’universo tematico, si impone con netta e positiva evidenza l’intuizione sorprendente dell’importanza della reminiscenza materna nell’affiorare del desiderio amoroso, di cui Wagner ci rende partecipi in Sigfrido (1871) e in Parsifal (1882), accompagnata specularmente dalla raffigurazione dell’intensissima cifra emozionale che lega padre e figlia in Walkiria (1856). Anche qui, come in ogni luogo decisivo della produzione wagneriana, ben più che alla parola, è affidato al sottile intreccio di allusioni e associazioni, evocato dall’arte del Leitmotiv, il compito di comunicarci il groviglio inestricabile delle pulsioni e le più autentiche sfumature della vita affettiva.